Alle donne, nei villaggi del Burkina, spettano davvero mille incombenze: la giornata inizia presto e si compone di lunghi spostamenti. Nella stagione secca si parte all’alba, prima che faccia troppo caldo, per andare a raccogliere la legna, da immagazzinare in vista della stagione umida.
Tornate al villaggio, per le donne è tempo di andare a prendere l’acqua: per raggiungere un pozzo di acqua potabile possono volerci anche 15 km di cammino. Le donne si spostano sempre in gruppo per chiacchierare e alleviare così la fatica dovuta a lavoro e calura.
Ogni donna deve coltivare quotidianamente il campo del marito insieme a lui e, in caso di poligamia, insieme alle altre mogli. Terminata questa incombenza, una donna può coltivare anche un suo appezzamento di terreno, magari per produrre generi destinati alla vendita come arachidi, semi di sesamo e burro di karitè. Questi prodotti possono essere venduti al mercato per ottenere denaro da spendere in beni non primari come monili o tessuti, ma la precedenza deve sempre essere data alle colture destinate all’alimentazione della famiglia. Il cibo per la nutrizione primaria va coltivato in proprio, è considerato disdicevole venderlo e tantopiù acquistarlo.
Terminata l’attività agricola, il miglio è da macinare: ancora un’incombenza che tocca a donne e bambine del villaggio. Le colture cerealicole si svolgono da maggio a dicembre, mentre da gennaio a aprile ci si può dedicare all’orto e alle coltivazioni ortofrutticole.
Solo nel giorno della festa (domenica per i cattolici, venerdì per i musulmani) non si va nei campi. I ruoli di uomini e donne si tramandano da secoli e non vengono in alcun modo messi in discussione.
MK ringrazia Jeanette Kuela per i suoi racconti sulla vita in BF